Viviamo in un Paese in cui la famiglia dovrebbe essere esaltata come il luogo degli affetti, della cura, della crescita dei suoi membri, lo spazio in cui si vive in armonia e con rispetto reciproco, all’interno del quale si dialoga e si risolvono i conflitti. Purtroppo oggi non è più così. Si registra un costante aumento del numero delle donne uccise da mariti, compagni, ex, comunque uomini che hanno avuto un legame affettivo forte con le loro vittime. Per molte la casa diventa il luogo della paura e della violenza, il teatro di una sofferenza psicologica e fisica tali da annullare ogni capacità di difesa ma soprattutto ogni richiesta di aiuto. In casa i diritti di donne e dei bambini vengono repressi e le loro vite messe a rischio ogni giorno.
Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di episodi ricorrenti, non di fatti occasionali o di raptus improvvisi, che raggiungono più o meno velocemente un pericoloso picco, dovuto anche alla minimizzazione o mediazione tentata dalle donne coinvolte. I maltrattamenti però non sono solo fisici. Esiste una violenza economica, fatta di modalità che creano dipendenza, controllo del denaro, strategie che portano alla perdita del lavoro o costrizione a firmare documenti legati alla richiesta di finanziamenti o a garanzia di attività economiche, non sempre legali; una violenza psicologica, con la distruzione dell’autostima e dell’identità; molestie sessuali, in pubblico o sul luogo di lavoro, che vengono percepiti come sgraditi e degradanti; la violenza sessuale e infine la violenza spirituale, fatta di modalità svalutanti e ridicolizzanti la fede religiosa e i valori spirituali.
Sono preoccupanti i dati esposti alla sede Onu di Ginevra il 25 giugno di quest’anno nel corso della 20ma Sessione del Consiglio dei Diritti Umani. Rashida Manjoo, special rapporteur delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne (ex commissario parlamentare della Commissione sulla parità di genere in Sud Africa, docente Dipartimento di Diritto Pubblico dell’Università di Città del Capo, che ha progettato sistemi e contenuto per affrontare le differenze razziali, oltre ad aver insegnato diritti umani ad Harvard), ha presentato il Rapporto tematico annuale sugli omicidi basati sul genere e il Rapporto sulla violenza sulla scorta delle sua missione in Italia lo scorso gennaio. Il femmicidio è l’estrema conseguenza delle forme di violenza messe in atto contro le donne.
“Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita – ha detto Manjoo -. In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l’adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza. Ma questi risultati non hanno portato a una diminuzione di femicidi nè sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine”.
In effetti i dati contenuti nel rapporto parlano chiaro. In Italia, nel 2011, sette omicidi su 10 sono stati preceduti da violenze. Ogni giorno, in Europa, sette donne vengono uccise dai loro partner e in Italia; nel 2011 sono morte 127 donne, il 6,7% in più rispetto al 2010. Di questi omicidi, 7 su 10 sono avvenuti dopo maltrattamenti o forme di violenza fisica o psicologica. E per il 2012 i dati non sono confortanti: fino a giugno sono state 63 le donne uccise. I dati raccolti nei centri di assistenza indicano la violenza domestica come la forma più pervasiva di violenza, con un tasso del 78,21%, e colpisce donne in tutto il Paese. Il 34,5% delle donne ha segnalato di essere vittima di incidenti violenti. Eppure solo il 18,2% delle vittime considera la violenza domestica un crimine mentre per il 36% è un evento normale. Allo stesso modo, secondo il rapporto, solo il 26,5% delle donne considera lo stupro o il tentato stupro un crimine.
Come gruppo di pressione, le nostre richieste al legislatore nella Giornata Mondiale della Violenza contro le Donne sono pertanto quelle di:
– di realizzare e implementare le raccomandazioni della special rapporteur delle Nazioni Unite Rashida Manjo sulla violenza contro le donne;
– di avviare rapidamente un’indagine statistica su tutte le forme di violenza contro le donne esistenti, coordinata tra i ministeri interessati (Interni, DPO, Salute, istruzione), con l’ISTAT (Istituto Nazionale Italiana Statistica), con le organizzazioni di donne della società civile e la Rete nazionale dei centri antiviolenza (DIRE);
– di sviluppare a livello nazionale e attuare programmi a livello locali relativi all’educazione per le scuole e le università, al fine di fornire un’educazione adeguata sulle questioni di genere, sulla sessualità, sull’identificazione e la decostruzione di stereotipi, e sulla violenza contro le donne;
– di inasprire le pene per il femminicidio.